A segno la maggior parte delle operazioni in Siria e Iraq
L’aviazione statunitense è riuscita a distruggere, o per lo meno a danneggiare gravemente, la maggior parte degli obiettivi iraniani e delle milizie colpite in Siria e Iraq lo scorso venerdì 2 febbraio. Così il Pentagono ha tirato le fila sull’avviamento della campagna militare mediorientale che secondo il presidente Joe Biden e i suoi consulenti si prospetta sostenuta e intensa. Le operazioni dalle forze armate americane in Iraq e Siria sono state intraprese in risposta al bombardamento dell’avamposto giordano Tower 22, nel quale tre soldati americani hanno perso la vita il 28 gennaio.
Nella giornata di ieri, lunedì 5 febbraio, il maggiore generale Patrick S. Ryder, portavoce del Pentagono, ha tenuto una breve conferenza con i giornalisti. L’addetto stampa ha dichiarato che “più di 80” dei circa 85 obiettivi individuati dal Pentagono in Siria e Iraq sono stati distrutti o resi inutilizzabili. Gli obiettivi, ha affermato, includevano centri di comando, centri di intelligence, depositi di razzi, missili e droni d’attacco oltre che bunker logistici e di munizioni. “Questo è l’inizio della nostra risposta e verranno intraprese ulteriori azioni”, ha affermato il generale Ryder, aggiungendo: “Non cerchiamo il conflitto in Medio Oriente o altrove, ma gli attacchi alle forze americane non saranno tollerati”.
Il mancato avviso al governo iracheno
Secondo quanto dichiarato ieri dal portavoce del Dipartimento di Stato Vedant Patel, gli Stati Uniti hanno scelto di non informare il governo iracheno in vista delle operazioni intraprese dai militari statunitensi all’interno del paese venerdì. “Non c’è stata alcuna notifica preventiva” e Washington “ha informato gli iracheni immediatamente dopo che si sono verificati gli attacchi”, ha detto Patel ai giornalisti. Tuttavia, questa affermazione contraddice i commenti del portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby, che già venerdì notificava agli organi di stampa che gli Stati Uniti “hanno informato il governo iracheno prima che si verificassero gli attacchi”. Tornando sui suoi passi, ieri Kirby ha affermato che la sua dichiarazione di venerdì si basava su informazioni che gli erano state fornite in quel momento, e che “non erano così specifiche come avrebbero potuto essere, e mi rammarico per qualsiasi confusione causata”.
Proseguono le operazioni nel Mar Rosso
Nel frattempo, nell’arco della giornata di ieri gli Stati Uniti hanno colpito due droni marittimi Houthi nello Yemen. Le forze armate hanno identificato degli esplosivi – precisamente dei veicoli di superficie senza equipaggio – in alcune dello Yemen controllate dagli Houthi. Dopo aver stabilito che rappresentavano “una minaccia imminente per le navi della marina americana e le navi mercantili nella regione” hanno proceduto ad eliminarle.
Inoltre, le autorità hanno riportato che anche una nave britannica in transito attraverso il Mar Rosso meridionale è stata attaccata da un presunto drone Houthi dello nelle prime ore di oggi. L’ufficio per le operazioni di Commercio Marittimo del Regno Unito ha comunicato che l’attacco è avvenuto a ovest del porto yemenita di Hodeida. Ha specificato che il proiettile ha causato “lievi danni” alle finestre della nave sul ponte. La società di sicurezza privata Ambrey ha identificato la nave come una nave mercantile battente bandiera delle Barbados e di proprietà del Regno Unito. In base alle prime comunicazioni, nessun membro dell’equipaggio è rimasto ferito, avendo la nave subito danni solo superficiali.