Il limite che sembrava invalicabile nella più grande democrazia dell’Occidente è stato violato, il rispetto per le Istituzioni e i loro rappresentanti è stato violato. I pesanti disordini verificatesi a Washington il 6 gennaio scorso chiudono (speriamo) un’epoca di violenza gratuita fisica e verbale.
Il manipolo di scalmanati che ha infangato ed oltraggiato il luogo sacro della democrazia americana, il Campidoglio, avrebbe fatto ridere, se non fosse stata una storia vera: abbiamo visto uomini in costume carnevalesco scavalcare una finestra sfondata di Capitol Hill. Neanche un regista dalla verve comica l’avrebbe potuta immaginare.
Non esiste giustificazione, non ci può essere motivo valido per dare adito alla violenza, in uno Stato democratico le regole sono chiare e chi non ne ha rispetto è fuori dal sistema e cosí tutti quelli che – armati di cellulare- hanno infranto i vetri di una finestra del Campidoglio e si sono introdotti per issare la loro bandiera nella sede del congresso americano. Una follia o una carnevalata che non rappresenta le migliaia di persone rimaste invece a protestare pacificamente in strada e presto ritornate alle proprie case quando quella che doveva essere una manifestazione pacifica era stata trasformata in una guerriglia con morti e feriti.
I fatti accaduti a Washington sono l’epilogo di una scia di violenza che ha investito gli Stati Uniti in questi ultimi cinque anni, ovvero dall’inizio della campagna elettorale che vide nel 2016 l’elezione a presidente di Donald Trump.
La storia
Premesso che l’America non è nuova a fatti gravissimi – la storia democratica degli Stati Uniti registra l’assassinio di quattro presidenti in carica – possiamo oggi individuare con lucidità l’inizio di questa brutta fine.
Era il 2016, l’anno delle elezioni presidenziali: candidati Donald Trump, partito repubblicano e Hillary Clinton, partito democratico. In poche settimane ,quelli che erano sempre stati i raduni tipici della capamgna elettorale a stelle e strisce divenenro momenti di scontri verbali feroci e spesso fisici.
Gruppi di facinorosi creavano all’interno degli eventi avversari momenti di tensioni che si trasformavano in tafferugli. Con richieste esplicite gruppi di provocatori organizzavano puntualmente manifestazioni di dissenso all’interno dei raduni politici dei sostenitori del candidato repubblicano: la baruffa diventava inevitabile. Proteste in varie città americane si trasformarono presto in violenza con incidenti e scontri tra polizia e manifestanti ( New York, Boston, Chicago, Philadelphia, Portland, Oakland, Las Vegas)
In molte occasioni, sia i manifestanti anti-Trump che i suoi “supporters” furono protagonisti di episodi deprecabili con aggressioni reciproche.
La violenza era stata sdoganata e non si arrestò con la proclamazione dell’elezione di Trump, il 2 gennaio 2017. Nello stesso giorno , tutte le grandi citta d’America furono invase da manifestanti con cartelli “NOT my President” e come spesso accade, i raduni di piazza sono le occasioni che i gruppi violenti organizzati sfruttano per dare sfogo alle loro frustrazioni. E cosi fu.
Scontri tra polizia e manifestanti incappucciati terrorizzarono gli americani che evitarono per settimane di lasciare le loro case per tutelare la loro sicurezza. Le frange estremiste dei sostenitori di Trump risposero con la stessa violenza a chi, rinnegando il presidente eletto, bruciava in piazza la bandiera americana.
Valicato il limite del rispetto
Da allora l’America ha vissuto momenti drammatici.
Da una parte i toni aspri del presidente Trump che non ha saputo o voluto mai comunicare in maniera pacifica con gli avversari e con la stampa che riteneva essere responsabile della diffusione di notizie false sulla sua amministrazione e dall’altra i democratici che, come la speacker Nancy Pelosi, venivano meno al rispetto delle istituzioni. Rimarranno nella storia le immagini della democratica Pelosi nell’atto di strappare platealmente i fogli del discorso presidenziale allo stato dell’Unione.
Tutta benzina sul fuoco per aizzare in maniera consapevole o inconsapevole quella parte minoritaria di un popolo che sa armarsi e diventare pericoloso.
Un crescendo di odio, forse anche personale, tra i rappresnatnti del governo e l’opposizione che inevitabilmente ha inasprito gli animi ed armato i Black lives Matter che da maggio scorso e per mesi hanno messo a ferro e fuoco le piu grandi citta d’America, a seguito della uccisione per mano della polizia violenta di un afroamericano, George Floyd.
Il clima di paura in campagna elettorale
Gli americani sono andati al voto nella paura del day after, il terrore di quello che sarebbe potuto accadere con una eventule vittoria di Trump è stato l’argomento quotidiano nelle case dei repubblicani.
In questo panorama i social e i media hanno fatto la loro parte, ignorando il principio di liberta di parola e rispetto per le Istituzioni. Tutti si sono permessi tutto, e quando il caos è sovrano i piu violienti emergono e le comparse diventano protagoniste, cosi come spiega molto bene Aldo Cazzullo in articolo pubblicato dal Corriere della Sera: “Se gli estremisti hanno preso il potere nel 2016 e ora tentano maldestramente di difenderlo, è perché Donald Trump ha provocato una mutazione della destra e della politica USA. E questo non è solo un problema della sinistra. La sinistra ha sempre raffigurato il presidente repubblicano come l’incarnazione del Male, e ognuno era peggiore del precedente: Reagan peggio di Nixon, Bush peggio di Reagan. È un problema anche e soprattutto della destra. Che da conservatrice è diventata populista, da patriottica si è fatta nazionalista. L’America è sempre stata divisa; ma non è mai stata polarizzata come adesso”.
Il futuro
Da dove dovrà iniziare il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden?
Certamente non potrà ignorare la frattura sociale che il Paese sta vivendo, 72 milioni di americani hanno votato Trump ma molti repubblicani si sono otturati il naso e votato per lui. Il nuovo inquilino della Casa Bianca nel suo primo discorso si è appellato all’unita della nazione e siamo certi lo porterà avanti seguendo i principi di libertà, ispirati dalla Costituzione americana su cui si fonda il Paese.
Deporre le armi (metaforicamente parlando) in questo momento sarebbe auspicabile. Ci auguriamo che la sfrenata voglia di Nancy Pelosi di mettere sotto accusa il presidente uscente a poco piu di una settimana dalla fine del suo mandato, sembra, se non ridicolo, oltremodo una istigazione a quelli in costume di carnevale, armati di telefonino e in sella ad una bicicletta.
La pace sociale si costruisce con i fatti e dando il buon esempio.
Una nitida fotografia della realtà di una Nazione da sempre guida delle democrazie occidentali, ora in declino ideologico e morale come del resto tutte le democrazie del mondo. Il confine tra la serenità e il rancore non è mai stato così sottile come oggi, e mai avremmo pensato che pochi scalmanati fossero in grado di superarlo con tanta facilità. L’assalto al Capitol hill rappresenta metaforicamente l’assalto dell’incultura populista al fortino di una democrazia malata in grado di difendersi con sempre maggiore difficoltà.