L’ascesa di Ilaria Salis: dal carcere al Parlamento UE
A volte, bisogna confessarlo, il “mondo al contrario” denunciato dal generale Vannacci non sembra affatto un’esagerazione. Osservando quanto è successo nei giorni scorsi sugli spalti di una squadra ungherese, infatti, viene da chiedersi se persino le frange più estreme del tifo non abbiano maggior senso della misura rispetto a una certa politica nostrana. L’episodio a cui facciamo riferimento riguarda il secondo turno di qualificazione di Champions League tra il Ferencvaros, storica squadra di Budapest, e la compagine gallese The New Saints. In tale occasione, la tifoseria magiara ha esposto uno striscione lapidario contro Ilaria Salis.
“The rise of Salis: from jail to EU-Parliament”: questo il messaggio rivolto dagli ungheresi all’ex detenuta. Nel mirino, ovviamente, la carriera sfolgorante (e, per chi scrive, incomprensibile) della candidata di AVS, passata nel giro di qualche settimana dalle catene all’Europarlamento. Catene, che, se fossero figlie di qualche azione meritoria contro un potere dispotico, potrebbero nobilitarne la figura. Nel caso di Ilaria Salis, tuttavia, sappiamo bene come si sia distanti anni luce da una simile ricostruzione.
Il doppiopesismo italiano
A questo punto ci permettiamo di condividere un’osservazione in solitaria. Tutti, infatti, abbiamo sentito per giorni gli appelli a reti unificate contro la violenza. Appelli seguiti ai noti fatti di Torino ai danni di un giornalista de La Stampa. Una condanna unanime, con Mattarella che ha definito “eversivi” gli attacchi ai rappresentanti del quarto potere.
Benissimo difendere la libertà di stampa e condannare sempre la violenza, per carità. Allo stesso tempo, però, ci chiediamo dove sia tale sdegno quando chi è accusato di essersi macchiato di una violenza ancor più efferata (ferma sempre la presunzione di innocenza) viene eletto all’interno delle istituzioni europee. La presunzione d’innocenza, peraltro, dovrebbe valere per tutti, senza un’aprioristica divisione tra buoni e cattivi. La libertà di pensiero e l’incolumità dell’avversario politico non sono forse valori altrettanto imprescindibili?
Una riflessione elementare, che non ha però trovato chi gli desse voce in una società, come quella italiana, dove si polemizza su tutto, tranne che sull’essenziale. Allora non resta che rifugiarsi nel buon senso comune, quello offerto martedì dai tifosi ungheresi.