Elezione del Presidente della Repubblica. Si avvicina la data della prima votazione, fissata per il 24 gennaio e le nubi scure volteggiano sui palazzi romani dove tra intrighi, voltafaccia, accordi sottobanco e giochi di partito si tessono trame sul nome del successore di Sergio Mattarella, il presidente ottantenne che senza lasciare dubbi – nel suo discorso al paese del 31 dicembre – ha espresso la ferma volontà di non rimanere al Quirinale.
A chi sperava di superare le forche caudine con un Mattarella bis gli è andato di traverso il calice di champagne pronto per festeggiare il nuovo anno.
Chiarita la posizione di Mattarella, ad oggi i due nomi più popolari nel totonomi per il Quirinale sono decisamente due: Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri, chiamato al timone del Paese per affrontare l’emergenza sanitaria e sostenuto da un governo sbiadito nonostante i variopinti colori partitici, e lui, il sempreverde Silvio Berlusconi, l’uomo più amato e odiato del Paese. “L’uomo più perseguitato dalla giustizia” – ama dire di se stesso.
Ai lettori più attenti non sfugge che i nomi indicati al Quirinale sono sempre quelli meno veritieri, tanto che qualcuno ( Casini) evita accuratamente telecamere e giornalisti nella recondita speranza di essere la sorpresa dell’ultimo minuto. Chissà forse questa volta non sarà cosi, perché, come non mai, gli accordi politici in corso hanno molteplici variabili. E non trascurabili.
Vediamo quali sono i macigni che pesano sulle elezioni quirinalizie.
La variante Omicron in primis. Si, la pandemia di Covid-19 non consente a nessuno di sapere se ci saranno assenze significative durante il voto e i numeri in aula saranno fondamentali. Quanti positivi ci saranno tra i 1009 componenti dell’assemblea? Quanti di loro hanno il green pass per accedere al palazzo? Una incognita pesante, che potrebbe portare risultati inaspettati e che toglie il sonno ai big della politica. Altra condizione fortemente influente sulla scelta del voto è la gestione dei fondi europei destinati all’Italia nell’ambito del programma Next Generation UE. 191,5 miliardi di cui 68,9 a fondo perduto per il PNNR. Una occasione di crescita unica per il nostro Paese, che significa però potere economico e di conseguenza politico. Nessuno intende rimanerne escluso. Infine, ma non ultima, c’è il timore dell’azione di molti parlamentari del gruppo Misto e dei tanti grillini “ in libera uscita” che voteranno “secondo coscienza”. Una coscienza che probabilmente valuterà anche la drastica riduzione del numero dei parlamentari, che dalla prossima legislatura alla Camera passa dagli attuali 630 a 400 e al Senato dagli attuali 315 a 200. Un motivo in più perché lo spettro di nuove elezioni faccia correre un brivido lungo la schiena a parecchi parlamentari.
Fattori che influiscono su un quadro politico fluttuante tra incertezze ed ipotesi più o meno reali. Il gioco “delle tre carte” del chi vince e chi perde si aggiorna a ogni dichiarazione pubblica dei big. Ad ogni modo, oggi le candidature al Quirinale sono sostanzialmente due, anche se i diretti interessati non hanno ne confermato ne smentito.
Draghi al Quirinale? Certo sarebbe un vanto per l’Italia, uomo colto e di spessore politico, invidiatoci e rispettato da tutti i capi di governo internazionali. Lui sarebbe l’uomo perfetto. Superpartes, apartitico. Su di lui ci sarebbe indubbiamente la convergenza del centrosinistra e i partiti di centro, con il placet di Mattarella. Il trasloco fino al Colle più alto di Roma dell’ex governatore BCE consentirebbe una pax a chi auspica il “tutto cambia perché nulla cambi”. Draghi al Quirinale e a Palazzo Chigi uno dei suoi ministri, Franceschini o Franco, tutti gli altri al loro posto e crisi di governo scongiurata, in attesa del 2023, scadenza naturale del mandato elettorale. Una ipotesi che potrebbe piacere agli “scappati di casa”, la pensione sarebbe salva per chi non ha futuro politico a Roma cosi come la loro stessa disoccupazione. Un salvatutti che però Berlusconi ha scompigliato, minacciando una crisi di governo ed elezioni anticipate. “ODDIO la pensione!” – ha pensato qualcuno.
E allora si ritorna al punto di partenza. Berlusconi al Quirinale? È il sogno di Salvini che invoca dopo trent’anni un Presidente della Repubblica espressione del centrodestra. Il cavaliere, fine conoscitore di politica internazionale, sponsorizzato dal PPE, è oggi il candidato unico ufficiale di Salvini, Forza Italia e Giorgia Meloni. Il Berlusca nazionale, ultraottantenne, si candida alla carica istituzionale più alta dopo essere stato assolto in 20 processi a suo carico ( assolto per non aver commesso il fatto o per prescrizione dei termini). Andrà valutata la sua orbita politica piuttosto che quella pubblica, altrimenti non c’è storia. Un nome divisivo dicono i suoi detrattori. L’unico vero possibile, i suoi sostenitori. La verità è che quando c’è di mezzo Berlusconi si apre sempre un vivace dibattito e c’è chi perde le staffe, come il segretario PD, Letta, sempre cosi compìto e diplomatico, che ha minacciato l’Aventino, dimenticando i principi del confronto democratico. Intanto il fondatore di Forza Italia va per l sua strada e ha già iniziato una serie di consultazioni politiche, intende essere lui il garante della Costituzione e della vita democratica del Paese. Ma realmente quante chance ha di salire al Colle? I numeri ci sarebbero, dicono gli esperti, ma dalla quarta votazione, quando basterà la maggioranza assoluta e i soli voti del centrodestra, ma il voto è segreto e in quella ciotola, dopo il tunnel, ci potrebbero essere le pugnalate di chi il Cavaliere lo ha subíto in silenzio.