UE, classe energetica D obbligatoria: Roma protesta
Il Parlamento europeo ha votato a favore (343 sì, 216 no e 78 astenuti) dell’Energy Performance of Building Directive. Adesso toccherà aspettare il confronto tra l’Europarlamento, la Commissione e il Consiglio per la stesura della versione definitiva. Secondo quanto previsto dalla direttiva, gli edifici residenziali per essere messi sul mercato dovranno, su una scala di efficienza energetica dalla A alla G, raggiungere almeno la E entro il 2030 e la D a partire dal 2033.
L’obiettivo finale è quello di azzerare le emissioni da qui al 2050. Una scelta, quella comunitaria, che va in direzione di una maggiore sostenibilità ma che rischia di presentare costi sociali enormi. Il pensiero va al parallelo divieto di immatricolare auto a diesel o benzina a partire dal 2035, arenato (finora) per la strenua resistenza italiana. L’impressione è che la lotta ai cambiamenti climatici venga fatta ricadere sui redditi medio-bassi, quelli che subiranno maggiormente i costi degli interventi.
In Italia tre quarti delle abitazioni non raggiungono la classe D
La transizione energetica deve infatti tener conto della realtà. Prendendo il caso dell’Italia, ad esempio, si può vedere come il 74% degli immobili attualmente non raggiunga la classe D. Si tratta di 11 milioni di abitazioni, secondo quanto evidenziato nelle scorse settimane dal presidente di Enea, Gilberto Dialuce. Anche qualora il Superbonus fosse rimasto immutato, senza gli interventi restrittivi apportati dall’esecutivo, l’obiettivo fissato dall’Europa risulterebbe irrealistico.
In potenza, con i crediti fiscali previsti originariamente, si potrebbero infatti riqualificare poco meno di 300.000 unità abitative ogni anno. Occorrerebbero dunque più di 30 anni per raggiungere il target fissato. Come nel caso della lotta alle automobili a benzina e diesel, un principio giusto, quello della riduzione delle emissioni, rischia di essere portato avanti in maniera ideologica. Non a caso il governo italiano continua a dirsi contrario alla direttiva UE. Milioni di concittadini rischiano infatti di non poter vendere o acquistare case senza prima aver realizzato i lavori richiesti.
Direttiva UE, Confedilizia: lieviteranno anche gli affitti
“La direttiva europea – si legge nel comunicato stampa di Confedilizia, l’associazione di categoria che tutela i proprietari di immobili – […] se approvata, determinerebbe, tra i numerosi effetti negativi, anche quello dell’aumento dei canoni di locazione. È facilmente prevedibile, infatti, che i pesantissimi costi degli interventi edilizi imposti dal provvedimento sarebbero dai proprietari fatti ricadere sugli inquilini. Ciò, quando possibile, naturalmente: negli altri casi, infatti, la verosimile conseguenza della direttiva sarebbe quella della fuoriuscita degli immobili dal mercato della locazione, con ricadute ancora più sfavorevoli per l’offerta abitativa in particolare. Inoltre, la necessità di effettuare lavori su case abitate darebbe luogo a sicuro contenzioso, considerata la complessità di molti degli interventi previsti”.
Questa la denuncia del presidente Spaziani Testa, che ha ringraziato gli esponenti della maggioranza. I partiti di governo sono compattamente schierati contro la direttiva sull’obbligo di classe energetica. Il voto del Parlamento UE non rappresenta del resto l’ultima parola in materia. Adesso la palla passerà al confronto tra questo, il Consiglio e la Commissione Europea. Qui i diversi governi nazionali potranno tentare di cambiare la rotta. Non a caso alla Camera dei Deputati è passata mercoledì scorso una mozione che impegna l’esecutivo a farsi valere in tutte le sedi opportune per bloccare l’iniziativa europea.
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