L’export italiano segna una ripresa «a macchia di leopardo». È quanto emerge dalla
15esima edizione del Rapporto Export dell’Ufficio Studi di Sace (società per azioni
del gruppo italiano a partecipazione pubblica Cassa Depositi e Prestiti, specializzata
nel settore assicurativo-finanziario). Le previsioni per il 2021 fanno registrare una
crescita dell’11,3% con le esportazioni di beni che toccheranno quota 482 miliardi di euro. Un trend positivo che seguirà anche nel 2022, con una previsione di vendite di marchi italiani pari al +5,4% e del 4% nel biennio successivo. La moda “made in Italy” fa segnare un + 20,9% rispetto al 2020 con un turnover di 83,13 miliardi di euro.
Stati Uniti mercato trainante
Gli Stati Uniti si confermano luogo di destinazione privilegiato per i prodotti italiani:
terzo mercato europeo e primo extra Ue, con un tasso di crescita dell’11% nel 2021.
Nel “medagliere” dei principali mercati di destinazione del nostro export, la bandiera
a stelle e strisce figura nel quadrante dedicato alle “medaglie d’oro”, assieme alla
Germania, e sopra a Svizzera, Belgio, Polonia, Cina, Giappone, Russia, Svezia, Corea
del Sud, Canada, Emirati Arabi Uniti, Australia, Taipei e Vietnam.
Cosa esportiamo negli Usa
Il “made in Italy” oltreoceano attira una larga fetta di consumatori e ha conosciuto
negli ultimi anni, nonostante la “guerra” dei dazi tra Washington e l’Ue, un notevole
aumento arrivando alla cifra di 45 miliardi di euro nel 2019, prima della flessione
dovuta alla pandemia. Come rileva il sito InfoMercatiEsteri.it del Ministero degli
Esteri italiano, al primo posto si conferma il mercato dei macchinari e delle
apparecchiature con 7 miliardi e mezzo di euro (in calo rispetto ai 8,334 dell’anno
prima). A seguire i prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, che hanno
conosciuto un balzo in avanti passando dai 5 miliardi e 842,8 milioni di euro del 2019 ai
5 miliardi e 900,74 milioni del 2020. Terzo gradino del podio per mezzi di trasporto come navi
e imbarcazioni, locomotive e materiale rotabile, aeromobili e veicoli spaziali, mezzi
militari: qui il mercato vale 4 miliardi e 153,97 milioni di euro, in diminuzione rispetto ai
4 miliardi e 307,2 del 2019.
Sotto i 4 miliardi di euro
Scende sotto i 4 miliardi di euro il mercato degli autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi, che scenda a 4.153,97 milioni di euro dai 4.307,2 del 2019. Più in
basso troviamo i generi alimentari con un valore di 4900 milioni di euro nel 2020
(in crescita rispetto ai 2.424,24 dell’anno prima), prodotti delle industrie
manifatturiere (2.151,65 milioni di euro, in calo rispetto ai 2.518,1 del 2020) e le
bevande con 2.120,02 milioni di euro (nel 2019 il mercato era stato più proficuo, con
2.127,32 euro). Al primo posto tra i settori sotto i 2 milioni di mila euro, i prodotti
chimici con 1.800,63 milioni di euro (l’anno prima il mercato si attestava 1.820,26).
In totale nel 2020 il mercato dell’export complessivo con gli Stati Uniti ammontava a
42miliardi e 467 milioni di euro. Nel periodo tra gennaio e giugno dell’anno scorso era di
19 miliardi e 944,48 milioni di euro e nello stesso periodo del 2021 è a 22 miliardi e 952,04 milioni.
Gli altri mercati
L’Ufficio Studi Sace sottolinea che «le peculiarità di mercati molto vasti come quelli
degli Stati Uniti e della Cina sono (…) approfondite in chiave sub-nazionale, con
l’obiettivo di evidenziare meglio alcune differenze dei diversi Stati americani e delle
province cinesi in termini industriali e di capacità di reddito e quindi di opportunità
per il nostro export». Esiste poi un gruppo di Paesi per i quali, si legge, «il recupero
sarà completo già nell’anno in corso, ma seguirà una dinamica più contenuta negli
anni successivi». Tra questi si annoverano alcuni mercati di sbocco dipendenti dai
corsi delle materie prime (come Brasile, Arabia Saudita, Malesia e Ghana), nonché
altre destinazioni europee (ad esempio Francia, Paesi Bassi) e non solo (tra cui
Senegal). «Tra i Paesi accumunati da un recupero dei valori pre-crisi ancora
incompiuto nel 2021, pur mostrando buone prospettive di crescita in un orizzonte
temporale più ampio, vi sono Regno Unito, Spagna, Turchia, Messico, India,
Sudafrica e Thailandia». Maggiori criticità nella ripresa si riscontrano, infine,
«nell’export verso quei mercati che scontano, in alcuni casi, fragilità economiche e
politiche, in altri, gli effetti depressivi della domanda derivanti dalla pandemia. Fra di
essi sono presenti, ad esempio, Romania, Grecia, Argentina e Sri Lanka».