Yale University fa il mea culpa
Le proteste che hanno infiammato le strade americane, le manifestazioni di piazza e abbattimenti di statue e simboli di un passato coloniale dell’America del nord hanno dato il via ad una revisione storica in chiave moderna della storia del mondo nuovo. Con la Yale University si allunga sempre più la lista di istituzioni che fanno ammenda di quanto è accaduto nei secoli scorsi.
Anche la Yale University, uno degli atenei più prestigiosi ed antichi degli Stati Uniti, ha fatto il mea culpa e si è scusata pubblicamente per il ruolo attivo che ha svolto durante il periodo della schiavitù.
La decisione è arrivata al termine di uno studio durato per ben quattro anni, durante i quali alcuni ricercatori dell’istituto hanno cercato di scavare a fondo, con l’intento di fare chiarezza sul passato della celebre università di New Heaven, Connecticut.
Come spiegato dai vertici dell’ateneo, nella prima metà dell’Ottocento, alcuni dei fondatori di Yale possedevano degli schiavi. La stessa Connecticut Hall, l’edificio più antico del campus, è stata in parte costruita tramite l’utilizzo e lo sfruttamento di questi ultimi. Nel 1831, inoltre, membri di spicco della comunità di Yale si unirono ai leader di New Haven per fermare un progetto riguardante l’inaugurazione di un college per giovani neri, che sarebbe stato il primo del suo genere negli States.
Il presidente Salovery: “Costruiamo un futuro migliore”
“Affrontare questa storia ci aiuta a costruire una comunità più forte, a realizzare le nostre aspirazioni ed a creare un futuro migliore”, ha dichiarato il presidente dell’ateneo, Peter Salovey, “Oggi, a nome dell’Università di Yale, riconosciamo il ruolo storico del nostro istituto e i suoi legami con la schiavitù, così come il lavoro, le esperienze e i contributi delle persone schiavizzate alla storia della nostra università, e ci scusiamo per il modo in cui i leader di Yale , nel corso del nostro antico passato, hanno partecipato a tale fenomeno”.
Salovery ha inoltre aggiunto: “Le azioni dell’università, in risposta ai risultati ottenuti nel corso della ricerca, si concentreranno sull’aumento dell’accesso all’istruzione; sulla promozione di una crescita economica inclusiva e sulla creazione di un accesso diffuso ai reperti storici dell’ateneo. Questi studi fanno parte del più ampio lavoro di Yale, volto a valorizzare la diversità, sostenere l’equità e promuovere un ambiente di accoglienza, inclusione e rispetto”.
Nei prossimi mesi, inoltre, l’università ospiterà la presentazione del libro accademico “Yale and Slavery: A History”, a cura del professor David W. Blight.
Da Harvard alla Brown, gli esempi del recente passato
L’ateneo del Connecticut non è il primo istituto statunitense a voler fare i conti con il proprio turbolento passato.
Nel 2022, infatti, l’Università di Harvard destinò un fondo di cento milioni di dollari alla “ricerca e alla risoluzione dei suoi estesi coinvolgimenti con la schiavitù”. Successivamente, l’ateneo pubblicò uno studio che evidenziava come la tratta degli schiavi costituisse una parte vitale dell’economia del New England, e come abbia plasmato fortemente, negli anni a venire, la mentalità dell’università stessa.
Nel 2021, invece, la Brown University di Providence decise di risarcire gli studenti discendenti degli schiavi, proprio a causa del ruolo svolto dall’istituto durante il periodo della tratta.