Gelo tra i rabbini italiani e Papa Francesco
Non è la prima volta che Papa Francesco si trova al centro di polemiche per le sue posizioni in politica estera. Arcinota, ormai, l’insofferenza nutrita verso il pontefice da molti ucraini. Con la scusa del dialogo, dicono i detrattori, il successore di Pietro metterebbe sullo stesso piano aggressori e aggrediti. I richiami alla pace e alla fratellanza sarebbero nientemeno che degli specchietti per le allodole, utili a coprire le reali responsabilità dei crimini in corso.
L’atteggiamento del vescovo di Roma nella crisi degli ostaggi e l’attacco sferrato oggi dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia rappresentano però uno spartiacque. Un fossato che per molto tempo dividerà le due comunità religiose. Ieri mattina Bergoglio ha ricevuto in Vaticano due delegazioni. La prima, di 12 persone, era composta da parenti degli ostaggi israeliani. La seconda, di 10 persone, da familiari di prigionieri palestinesi. La delusione in campo ebraico è sorta per l’assenza di riferimenti a Hamas da parte di Papa Francesco. Rivolgendosi ai palestinesi avrebbe poi parlato di “genocidio”. Un’espressione che il portavoce della Santa Sede avrebbe escluso, confermata però da tutti i palestinesi presenti all’incontro.
“Acrobazie diplomatiche, equilibrismi e gelida equidistanza”
“Ieri l’incontro del Papa con i parenti degli ostaggi rapiti da Hamas – si legge nella nota diramata dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia – da tempo richiesto e sempre rinviato, è stato finalmente possibile perché è stato seguito da un incontro con parenti di palestinesi prigionieri in Israele, così come riportato dal Papa, mettendo sullo stesso piano innocenti strappati alle famiglie con persone detenute spesso per atti gravissimi di terrorismo. E subito dopo il Papa ha pubblicamente accusato entrambe le parti di terrorismo. Queste prese di posizione al massimo livello seguono dichiarazioni problematiche di illustri esponenti della Chiesa in cui o non c’è traccia di una condanna dell’aggressione di Hamas oppure, in nome di una supposta imparzialità, si mettono sullo stesso piano aggressore e aggredito”.
“Ci domandiamo – termina la nota – a cosa siano serviti decenni di dialogo ebraico cristiano parlando di amicizia e fratellanza se poi, nella realtà, quando c’è chi prova a sterminare gli ebrei invece di ricevere espressioni di vicinanza e comprensione la risposta è quella delle acrobazie diplomatiche, degli equilibrismi e della gelida equidistanza, che sicuramente è distanza ma non è equa”.