UE, verso la modifica delle scadenze
Continua l’impegno europeo a legiferare sui più disparati aspetti della vita quotidiana. Questa volta, però, la scelta di Bruxelles sembra pienamente condivisibile: relativizzare le scadenze indicate sui prodotti alimentari per non favorire sprechi. Un’attenzione, quella della sostenibilità, che passa anche dalle date indicate sulle confezioni di prodotti. Attualmente, come è noto, in Italia la dicitura recita “da consumarsi preferibilmente entro”. Tutti sappiamo che si tratta spesso di indicazioni di massima. Esse, tuttavia, favoriscono la percezione che un alimento non possa più essere consumato dopo tale data. Spetterà dunque al consumatore valutare la freschezza dell’alimento in base alle caratteristiche immediatamente riconoscibili, come odore e aspetto esteriore. Sono più di 900 milioni le tonnellate di rifiuti alimentari prodotte ogni anno da famiglie e imprese europee. Un numero che fa riflettere e che, visti anche la crescita demografica mondiale, l’aumento delle sperequazioni sociali e i cambiamenti climatici, non appare più tollerabile.
La nuova dicitura sulle confezioni e gli obiettivi UE
A dettare le linee guida europee è la Farm to Folk Strategy, un piano decennale pensato appunto per rendere sostenibile la filiera. Tra gli obiettivi vi è quello della riduzione degli scarti alimentari di circa il 10%. Si tratta di una cifra comunque significativa vista la mole di partenza. Ma come verranno indicate le nuove scadenze? Con un semplice “Spesso buono oltre”: un escamotage per segnalare al consumatore di valutare comunque una data indicativa ma senza la perentorietà della dicitura precedente. In effetti sarebbe utile controllare sempre e a prescindere lo stato in cui versano gli alimenti acquistati. Inevitabile però che il compratore finale presti una fiducia di massima verso le scadenze. Adesso servirà dunque un pizzico di attenzione in più, che verrà però ripagato in termini di sostenibilità e di lotta allo spreco.
Intanto l’Italia pensa a detassare i prodotti alimentari
La sicurezza alimentare passa anche dal sostegno dei consumatori, in particolare per quanto riguarda i beni di prima necessità. Per questo il governo italiano studia una riforma fiscale che azzeri l’Iva attualmente in vigore su diversi prodotti. Pasta, pane, carne, latte ecc. saranno al centro di una sforbiciata per apportare un piccolo sollievo ai cittadini. Un intervento oscillante tra i 4 e i 6 miliardi di euro, che, pur rappresentando uno sgravio quasi impercettibile per le tasche degli italiani, permette comunque di mantenere risorse nell’economia reale, contribuendo anche ad abbassare l’inflazione. Il tema della sostenibilità alimentare, del resto, non è slegato da quello del diritto alla salute e a un’alimentazione completa. Appare dunque anacronistico il mantenimento di tasse che variano dal 4 al 10% per i prodotti di prima necessità.