Stati Uniti e Giappone: più chiarezza sui dazi

Gli Stati Uniti hanno recentemente compiuto passi decisivi nei confronti del Giappone.

In un momento di crescente tensione e revisione delle politiche commerciali globali, gli Stati Uniti hanno recentemente compiuto passi decisivi nei confronti del Giappone, con alcune iniziative che potrebbero ridefinire caratteristiche e prospettive delle importazioni da Paese. Un accordo significativo è stato firmato a luglio, con la riduzione delle tariffe (inizialmente fissate al 25%) su molti beni importati dal Giappone, ora scese al 15%. L’accordo includeva impegni giapponesi per investimenti statunitensi, ampliamenti nei settori agricoli USA, apertura del mercato automobilistico e misure di cooperazione tecnologica.

La United States Customs and Border Protection (US CBP) ha pubblicato a tal proposito la guida Implementing Certain Tariff‑Related Elements of the United States‑Japan Agreement, che raccoglie e armonizza le recenti modifiche ai dazi applicabili alle merci di origine giapponese. Questa iniziativa, resa effettiva a partire dal 16 settembre 2025, aggiorna l’Harmonized Tariff Schedule of the United States (HTSUS) per recepire un accordo voluto dall’amministrazione statunitense.

Il nuovo meccanismo prevede che per i prodotti giapponesi con un “Column 1 Duty Rate” inferiore al 15%, venga applicata un’aliquota addizionale per portare tale tasso al 15 %. Invece, per quei prodotti la cui aliquota già eguaglia o supera il 15%, non viene aggiunta alcuna tariffa supplementare. In parallelo, il provvedimento esclude una serie di merci giapponesi, come gli aeromobili civili (eccetto i velivoli senza equipaggio), dai dazi reciproci previsti.

La sistematizzazione delle tariffe giapponesi evidenzia come Washington stia tentando di ridefinire il proprio arsenale commerciale con scelte calibrate tra protezionismo e apertura. Osservatori e operatori commerciali guardano con attenzione ai risultati di queste fasi, che potrebbero incidere non poco su catene globali, investimenti e flussi di scambio nei prossimi mesi. Gli esportatori del Giappone hanno evitato penalizzazioni più gravi: se l’accordo non si fosse concretizzato, molte merci giapponesi avrebbero dovuto affrontare tariffe del 25%, cosa che avrebbe danneggiato particolarmente l’industria automobilistica e altri settori ad alta integrazione con gli Stati Uniti.

L’accordo è presentato dall’amministrazione statunitense come un mezzo per ridurre il deficit commerciale con il Giappone e per promuovere la produzione interna (“reshoring”) attraverso gli investimenti giapponesi negli Stati Uniti, pari a 550 miliardi di dollari. Questi si concentreranno su infrastrutture, semiconduttori, energia, difesa, ricerca tecnologica e le imprese agricole statunitensi potrebbero trarre beneficio dall’ampliamento delle esportazioni verso il Giappone, grazie a tariffe ridotte o eliminate su alcuni prodotti. Questo potrebbe incidere positivamente sui bilanci di certi settori che erano penalizzati dalle barriere commerciali.

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