
“Giunta all’altare spezza le sbarre della gabbia dei formalismi e delle costrizioni borghesi e ha il coraggio di cambiare tutto, perché sa scegliere. Ha imparato a scegliere”

E’ questa una delle chiavi di lettura dei cento frammenti di «Incastri imperfetti», il libro in cui la giovane autrice Ludovica Russo racconta il suo percorso di ricerca interiore, cercando quale sia la verità assoluta e lo scopo della propria esistenza oltre ogni convenzione.
Ludovica Russo, venticinquenne dottore in giurisprudenza, si avvia sulle orme dell’avvocatura ma trova il tempo di dedicarsi alla letteratura, la sua passione fin da piccola.
Al nostro invito per una intervista, Ludovica accetta e ci accoglie nella sua casa. Cordiale e con un sorriso disarmante ci confessa che non si aspettava tutto questo successo. Ci accomodiamo sul divano, e nei suoi occhi da cerbiatta traspare la felicità e un velo di timidezza, tipico delle persone particolarmente sensibili… cosi incominciamo a parlare.
Ludovica, lei una giovane donna della provincia italiana, “Incastri imperfetti” è un libro autobiografico?
“Non credo si possa definire interamente autobiografico, più che altro nasce dall’esigenza di esprimere delle emozioni, alcune “sentite” da me in prima persona, altre, che mi sono arrivate come racconti di amici e amiche, e che io, che da sempre mi considero una persona empatica ho sentito dentro e dunque avvertito la necessità di mettere nero su bianco. Lo definirei più che un libro autobiografico un libro dei sentimenti e delle emozioni che tutti noi, nella vita proviamo; ed ognuna di queste lascia un segno nella nostra anima; da qui, l’escamotage del racconto breve, perché ti permette di immergerti completamente in quel sentimento e riemergere poi con una visione ed una consapevolezza diversa, quasi come se l’emozione la stessi rivivendo nuovamente.”
Possiamo definire il suo libro una denuncia sulla questione femminile, ancora attuale in Italia?
Più che un libro di denuncia, vuole essere una fotografia, non ci sono intenzioni “politiche” in questo testo, ma semplicemente un viaggio nell’ ed attraverso l’animo umano affrontando quelle situazioni in cui troppo spesso noi donne ci ritroviamo e che lasciano un segno; segno che spesso è difficile da “mandare via”. È un modo per dire : “l’ho vissuto anche io, ti capisco, non sei sola”. Da qui, anche la particolarità della dedica, che è al lettore.
Durante un pubblico incontro, lei ha dichiarato : “Sono sempre alla ricerca della verità”. Einstein affermava che “la ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.
Assolutamente si. Per me la verità è un’esigenza, nel senso che cerco sempre di essere onesta in primis con me stessa, e poi con tutte le persone che ho intorno. A volte, noi mentiamo a noi stessi e non ce ne rendiamo nemmeno conto, ci raccontiamo delle piccole bugie necessarie a farci andare avanti, per convincerci di una scelta che abbiamo fatto o che dobbiamo fare; ma così facendo ci impediamo di “scavare” realmente dentro noi stessi e comprendere cos’è che desideriamo davvero; molto spesso per non “affrontarci” preferiamo mentirci e così ci ritroviamo dopo un po’, bugia dopo bugia a sentirci persi. Quindi si, la ricerca della verità, dunque l’esigenza di essere sempre fedeli alla parte più vera di noi è un qualcosa che ti permette di scoprirti e continuare a farlo giorno dopo giorno.
Ci ha incuriosito molto una frase dei suoi frammenti: “giunta all’altare spezza le sbarre..” a quale altare si riferisce?
L’altare del racconto è quello della chiesa, quello che quasi ogni donna sogna, ma è, ovviamente, un altare metaforico, che rappresenta tutte quelle decisioni, tutte quelle scelte che facciamo “influenzati” dalle situazione esterne, dalle persone che sono intorno a noi, a volte, da noi stessi; e quindi per “spezzare le sbarre” e scappare da quell’altare bisogna avere il coraggio e la forza di ascoltarsi, di ascoltare quella parte di noi che spesso scalpita, ma che noi respingiamo perché magari in contrasto con tutto ciò che ci è sempre stato insegnato, con tutto ciò che noi stessi ci siamo sempre “imposti”; ma così, non riusciremo mai ad essere felici per davvero, perché non saremo mai “liberi” dalle nostre stesse condizioni e condizionamenti.
La sua prima opera nasce durante la pandemia, periodo che ha significato annullamento dei rapporti sociali, quale è stata l’ispirazione?
L’ispirazione l’avevo dentro da un po’ in realtà; scrivere è sempre stata la mia via di fuga ed allo stesso tempo la mia salvezza, un modo per comprendermi e parlare a me stessa; e fin da piccola ho sempre amato leggere e segnavo il giorno in cui avrei scritto e pubblicato un mio scritto; la pandemia mi ha dato l’occasione di potermi dedicare a me stessa, ed ha causato un momento di sintesi in cui mi sono interrogata sul mio futuro e su ciò che porto dentro, e da lì, la decisione di iniziare a mettere tutto nero su bianco è stata istantanea nel momento in cui ho capito che il coraggio di mettersi in gioco ed assecondare i desideri della nostra anima, per quanto possano farci paura, è la chiave che ci permette di svoltare.
“Incastri imperfetti ” sta avendo molto successo, uno status nuovo per lei come lo vive?
In realtà la mia vita è esattamente come prima ! (ride ndr), non è cambiata poi molto; continuo a lavorare e ad uscire con gli stessi amici di sempre, sicuramente i messaggi di tutte le persone che leggono il mio libro e mi scrivono per dirmi che si ritrovano nelle mia parole e che quanto scritto le aiuta e le fa sentire meno sole mi riempiono il cuore di gioia, perché mi fanno comprendere di aver raggiunto l’obiettivo principale, che non è tanto il “successo”, ma quanto quello di arrivare alle persone e riuscire a “parlare” al loro cuore per farle sentire comprese.
L’entusiasmo che mi ha saputo trasmettere questa giovane scrittrice mi porta a chiederle se ha in serbo nuovi progetti editoriali per il futuro. Lei mi risponde con un sorride, e il suo sguardo si illumina ancora di più, come per dire ” la mia vivacità intellettuale mi porterà oltre “l’altare “.
Allora mi congedo nella consapevolezza che leggeremo ancora di lei.
Grazie Ludovica.
